Bisturi che non tagliano. Il coraggio della denuncia
da medico ospedaliero che quotidianamente opera in un reparto di chirurgia generale, ho considerato con particolare attenzione la dichiarazione/denuncia dell’Associazione dei chirurghi ospedalieri italiani, “L’esigenza di risparmiare non può andare a discapito dei pazienti e della qualità della cura”.
L’associazione Acoi, sulla scia delle segnalazioni di migliaia di medici, accusa la corsa a ridurre i costi della sanità e denuncia che i bisturi utilizzati in sala operatoria sono di qualità sempre più scadente. Scende in campo direttamente il Presidente Prof. Diego Piazza in rappresentanza dei
chirurghi italiani sottolineando che “la continua ricerca del prezzo di mercato più basso, con criteri di valutazione spesso discutibili da parte delle commissioni regionali, ha determinato un livellamento verso il basso della qualità”. “La mediocre qualità dei bisturi utilizzati oggi ha conseguenze sia estetiche, perché il taglio perde la famosa precisione chirurgica, sia infettive, perché, aumentando il trauma cutaneo per incidere una superficie, si aumenta il rischio di contaminazione batterica della ferita”.
“Quanto ai costi – prosegue il presidente dell’Acoi – possiamo affermare che si tratta di una scelta antieconomica, perché per uno stesso intervento può essere necessario utilizzare più bisturi, cosa che non si verificherebbe con un buon bisturi che, al contrario, potrebbe essere utilizzato più volte durante lo stesso intervento”.
Pochi mesi fa vi era stata un’altra recente clamorosa denuncia riguardo la qualità pessima dei guanti che si bucavano durante gli interventi con frequenza anomala fatta dal Prof. Francesco Corcione, Presidente della Società Italiana di Chirurgia. Sia Corcione, che Piazza sono stimati colleghi eletti dai chirurghi italiani a rappresentare ai massimi livello istituzionali questa particolare categoria professionale.
I chirurghi generali si occupano dei molteplici campi della chirurgia, sono presenti in tutti gli ospedali italiani e sono i medici che trovate ad operare con più frequenza di notte e festivi, dall’appendicite all’emorragia addominale di un grave trauma stradale, sono persone abituate a prendersi ogni giorno le loro responsabilità nelle condizioni più difficili. Fanno parte degli urgentisti per eccellenza come anestesisti e medici del pronto soccorso: gente che “ci mette la faccia “.
E’ irrituale che questi professionisti, a nome di tutta la categoria dei chirurghi, facciano dichiarazioni così allarmanti sui media.
Credo assolutamente plausibile quindi, che in entrambi i casi il coinvolgimento del pubblico in questioni di forniture tecniche sia dovuta al fatto che, i miei colleghi provati altri modi di risoluzione dei problemi senza clamore, non siano stati ascoltati dai diretti interlocutori e si siano trovati costretti a rivolgersi ad altre strade.
Sono convinto che se si è arrivati a questo punto, vuol dire che la preoccupazione è talmente forte da superare quella che è la normale riserva dei chirurghi riguardo alla propria attività professionale.
Il bisturi, strumento base per eccellenza dell’attività chirurgica, diviene doppiamente simbolo per la causa dei ribassi, in quanto, dal punto di vista del costo non può essere paragonato ad altri strumenti più complessi.
L’enunciato porta direttamente ad un altro aspetto, che concerne la possibilità del chirurgo di poter incidere sulla qualità degli strumenti che utilizza quotidianamente per curare le persone, e delle quali è l’unico responsabile finale davanti alla sua coscienza ed alla legge.
Questo assunto all’utente comune potrebbe sembrare ovvio ma la realtà dei fatti è ben diversa: questi scritti lo esplicitano spero con chiarezza. Non si può mettere come primo criterio di scelta il costo, che va considerato solo a parità della qualità e facendo attenzione a non scendere sotto un certo standard.
Quindi è necessario rivedere quali sono le caratteristiche intrinseche al bando per l’aggiudicazione di una commessa su una fornitura ospedaliera, vedere se le ditte che partecipano rispettano i requisiti, rivedere i criteri di attribuzione dei punteggi e le composizioni delle commissioni regionali e locali: se questi sono i risultati appare evidente che c’è qualcosa che non funziona.
Mi sento in dovere di affermare che questo atteggiamento da parte dei professionisti che si sono esposti tramite i media, denota la necessità di far arrivare un messaggio a livello istituzionale, al fine che si rivedano quindi le commissioni ai vari livelli su criteri scientifici e di trasparenza, in cui la sana competizione fra ditte deve puntare al progresso ed alla qualità del prodotto, non al risparmio ad ogni costo sulla pelle dell’ignaro paziente e alla crisi di coscienza del professionista che rischia con le nuove normative sulla dipendenza il licenziamento per affermazioni pubbliche potenzialmente lesive per l’azienda in cui è stato assunto.
Giovanni Leoni
Presidente OMCeO Venezia