Le regole sono cambiate.
La recente riforma delle pensioni ha “creato” una nuova classe di medici ospedalieri : quella in servizio dai 59 ai 67 anni, 64.5 se va bene. Nelle corsie dei reparti generazioni di colleghi si sono avvicendate nel tempo. Nello staff medico,reparto di degenza o servizio che sia, degli aiuti ospedalieri , attuali dirigenti medici di I livello a vario titolo di incarico , da sempre uno solo diventa primario cioè direttore di struttura complessa , gli altri restano tali fino a fine carriera : questa è la dura legge dell’ospedale.
La carriera del medico ospedaliero per i “ non primari “ terminava quasi invariabilmente verso i 58-59 anni (per gli uomini …) qualcuno anche prima . Il riscatto anni di laurea era conveniente, i contributi partivano dai 19 anni , l’ingresso nel mondo della dipendenza, con relativi contributi pensionistici, era spesso immediatamente successivo alla laurea , così arrivando verso i fatidici 40 anni di contribuzione i medici cominciavano a fare i conti se conveniva o meno restare in servizio. Gli ospedalieri hanno superato molte selezioni per ricoprire un ruolo fortemente voluto, una scelta maturata ai tempi dell’università e sono molto dedicati al loro sistema di vita. Poi i sogni svaniscono, le condizioni di lavoro cambiano e la giornata diventa sempre più pesante, ci si rende conto che il tempo è passato ma che in particolare qualcosa è cambiato rispetto a quando erano loro i giovani : e’ stato rallentato vistosamente il normale ricambio generazionale.L’età media del medico ospedaliero italiano è di 53 anni, e tende ad aumentare.
L’introduzione del numero chiuso con test di ammissione a medicina assolutamente da ripensare, la continua riduzione di posti letto e servizi, peraltro difforme a livello nazionale, indicano una precisa volontà politica di ridurre concorsi e spese per il personale. Storia di questi giorni la riconversione degli ospedali e tagli di posti letto , che, comportano anche una minore necessità’ di assunzioni con colleghi che finiscono in “ruolo esaurimento” (anche nervoso …).
Ancora per poco tempo chi potrà uscirà dalle corsie con il vecchio sistema ma mancano gli specialisti formati per rinnovare i quadri. Miopia acuta o precisa strategia ? . Scelgo la seconda ipotesi . Al deficit di vocazioni per le specialità più dedicate alla vita in corsia o sala operatoria che abbracciano i campi più vasti del sapere medico come Medicina Interna – Chirurgia Generale – Anestesia e Rianimazione – Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso, si uniscono ormai anche Pediatria , Radiologia , Ginecologia ed Ostetricia, Ortopedia e Traumatologia.
Specialità affascinanti per chi ha sentito fin da ragazzo la spinta irresistibile a fare il medico dei telefilm , una chiamata a volte paragonabile al canto delle sirene di Ulisse , tanti anni di studi e poi sabati domeniche e guardie notturne sempre in piedi martellati dai ricoveri d’urgenza .Paure e felicita’ di avercela fatta sostituite progressivamente con sicurezza e consapevolezza, poi il disagio di un sistema che non rispetta piu’ le regole : guardie interdivisionali, reperibilità continue, turni di riposo saltati per esigenze di servizio.
Alla fine è la patologia di elezione che viene rimandata ed i pazienti dopo un po’ prendono altre strade, verso ospedali e reparti che li possono accogliere perchè non sono impegnati con la patologia d’urgenza, con gli anziani cronici riacutizzati.
Su questo si aggiunga l’esplosione del contenzioso medico-legale, la pubblicità di agenzie di servizi tipo “Infortunistica Sanitaria” con spot passati in tivù durante eventi mediatici come le recenti olimpiadi di Londra che rimarcavano la possibilità di far causa fino a dieci anni dall’evento, per tanti avvocati una normale , alternativa , fonte di reddito.
Ma allora chi te lo fa fare a sceglierti una professione che richiede 11-12 anni di studi tra laurea e specialità, se tutto va bene, per non arrivare a 2500 euro netti al mese all’inizio e 3000 a fine carriera ( verificate pure gli stipendi …),ammesso che ti assumano sul serio e non resti precario a vita , pregando di restare incensurato? Qualcuno lo fa ancora per fortuna , passione pura e tanta inconsapevolezza . La libera professione ? Per pochi, in specializzazioni ben note, la maggioranza degli ospedalieri non la fa o è residuale .
Un paragrafo a parte lo dedico ai chirurghi, in particolare ai chirurghi generali . Ripenso ai recenti discorsi del dopo cena quando ci si ritrova ai congressi, del momento di relax , del ” ma da te come va? “.
I chirurghi, indipendentemente dalla branca, sono ossi duri , gli aspiranti tali sono messi fin da studenti sotto continuo stress fisico e psichico, selezionati da altri chirurghi che devono vedere in loro adeguati requisiti, non si fanno sconti, e la frase “se ti sembra troppo per te nessuno ti obbliga a fare questo lavoro ” e ” ce la fai ? ” riecheggia spesso nell’ambiente .
I chirurghi sono stati considerati nell’immaginario popolare ed anche nell’ambiente i “signori della medicina” ma adesso sono diventati degli schiavi. Letti in diminuzione continua e quindi organici ridotti all’osso e reperibilità’ continue sono la causa più’ diffusa del malessere generale che attraversa la categoria. L’ istituto della reperibilità e’ molto gradito alle amministrazioni, la loro remunerazione, di 20 euro lordi per un turno di 12 ore, e’ immutato da 20 anni , praticamente una vita svenduta . È non tutte le reperibilità’ sono uguali : il tasso di chiamata e di urgenze affrontate rispecchiano i differenti significati che questa parola comporta da reparto a reparto. C’ e’ chi è’ veramente raro che sia chiamato , ci sono altri medici per cui la chiamata e’ la regola e non riescono a recuperare le ore come da contratto dovrebbe essere possibile. I chirurghi hanno scelto questa vita certo , ma non immaginavano che poi l’ingranaggio avrebbe loro impedito di vedere rispettate le regole del gioco fino ad imprigionarli e metterli a rischio, senza rispetto per la loro salute e quella dei loro pazienti. Una categoria di medici profondamente dedicata e capace di soffrire , che avrebbe bisogno di adeguati investimenti da parte delle aziende per l’aggiornamento professionale e di ricambio generazionale . I chirurghi vengono continuamente attaccati sulla stampa per le complicanze statisticamente inevitabili dei loro pazienti automaticamente considerate errori. Certo a volte sbaglia anche il chirurgo, ma in buona fede, casi limite esclusi , ma sbaglia ben di più’ questo sistema che non ha cura di questi medici particolari che ogni giorno ed ogni notte si assumono delle enormi responsabilità in prima persona e pagano , insieme alle loro famiglie, un prezzo troppo alto per la loro passione per la sala operatoria in termini di qualità’ di vita . Al congresso Chirurgia Unita 2012 di Roma che ha raccolto 19 società scientifiche del settore e’ stata dedicata una sessione nella sala principale al tema : Avremo chirurghi nel futuro ? Decisamente un segno dei tempi .
Ciao a tutti
Notiziario OMCeO Ve 2012